giovedì 14 novembre 2013

sapere senza fretta

Ho un ritardo di pochi giorni. Chissà. Il mese scorso ero convinta di. Invece niente. Questa volta, provato con poca convinzione, e vuoi vedere che *il* tentativo mirato è andato in porto.
O forse no. Ho le ovaie micropolicistiche, che dopo la (prima) gravidanza sembravano essersi date una calmata e dopo una vita di cicli sballati ero diventata un orologio. Ora siamo a 33.
é ancora troppo presto per fare un test, anche se la testa già calcola, arriva a luglio e poi torna indietro a quello che avrei dovuto fare oggi e non ho fatto per stare tra le nuvole.
Alla (prima) gravidanza l'emozione, l'ignoranza di tempi, bhg, ciclo ballerino e quant'altro mi avevano fatto vivere con emozione ed ansa i giorni del ritardo poi trasformato in gravidanza individuata assai precocemente, a nemmeno 3 settimane.
Stavolta so più cose. Stavolta so come funziona, so i passi da fare senza attaccarmi al telefono con il ginecologo. So che significa essere incinta. So che una cosa è la fecondazione, una l'impianto, un'altra ancora la gravidanza. So che due linee sul test non significano in automatico bambino.
E so che cos'è un bambino. Un neonato. Conosco la fatica, la stanchezza. Non conosco la stanchezza di occuparsi di un neonato e di una treenne però. So solo che mi fa stancare  al solo pensiero.
Così aspetto, controllo gli slip, aspetto, mi faccio un caffè in meno per sicurezza, e penso ad altro. Mi godo la bolla dell'atteso, i giorni in cui tutto può essere, in cui la mia vita prende direzioni diverse e tutte plausibili. Farò il test, salvo cambiamenti, sabato prossimo. Mi alzerò presto, immagino. Fino ad allora sarò madre di due figlie o di una figlia e un figlio, sarà madre della mia bimba bellissima, sarò vittima delle paure più dolorose per una madre, sarà preoccupata per il lavoro, sarò preoccupata che le mie ovaie mi facciano scherzi cattivi. Tutto sarebbe possibile.
Non è poi così male aspettare

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