lunedì 18 novembre 2013

Due linee

Eccolo qua, il test. Incinta.
Quando ho fatto il test per mia figlia non ho capito niente per il mese successivo. Stavolta mi sono emozionata, ma pochi  minuti dopo ero già tranquilla. I vantaggi della seconda volta. So già, pacificamente, che dalle due linee al bambino passano: una serie di analisi delle beta che devono salire in modo esponenziale, una ecografia a sei settimane, un'altra a otto, poi altri mesi fino a giugno e per concludere in bellezza, un parto.
Così, mi godo il momento esattamente per quello che è: nella mia pancia, comunque vada a finire, è successo qualcosa di bello. E con facilità.
Un passo alla volta.
(E nel frattempo, ovvio, già ho calcolato la data presunta, ho cominciato a pensare ai nomi, che ve lo dico a fare?).

giovedì 14 novembre 2013

sapere senza fretta

Ho un ritardo di pochi giorni. Chissà. Il mese scorso ero convinta di. Invece niente. Questa volta, provato con poca convinzione, e vuoi vedere che *il* tentativo mirato è andato in porto.
O forse no. Ho le ovaie micropolicistiche, che dopo la (prima) gravidanza sembravano essersi date una calmata e dopo una vita di cicli sballati ero diventata un orologio. Ora siamo a 33.
é ancora troppo presto per fare un test, anche se la testa già calcola, arriva a luglio e poi torna indietro a quello che avrei dovuto fare oggi e non ho fatto per stare tra le nuvole.
Alla (prima) gravidanza l'emozione, l'ignoranza di tempi, bhg, ciclo ballerino e quant'altro mi avevano fatto vivere con emozione ed ansa i giorni del ritardo poi trasformato in gravidanza individuata assai precocemente, a nemmeno 3 settimane.
Stavolta so più cose. Stavolta so come funziona, so i passi da fare senza attaccarmi al telefono con il ginecologo. So che significa essere incinta. So che una cosa è la fecondazione, una l'impianto, un'altra ancora la gravidanza. So che due linee sul test non significano in automatico bambino.
E so che cos'è un bambino. Un neonato. Conosco la fatica, la stanchezza. Non conosco la stanchezza di occuparsi di un neonato e di una treenne però. So solo che mi fa stancare  al solo pensiero.
Così aspetto, controllo gli slip, aspetto, mi faccio un caffè in meno per sicurezza, e penso ad altro. Mi godo la bolla dell'atteso, i giorni in cui tutto può essere, in cui la mia vita prende direzioni diverse e tutte plausibili. Farò il test, salvo cambiamenti, sabato prossimo. Mi alzerò presto, immagino. Fino ad allora sarò madre di due figlie o di una figlia e un figlio, sarà madre della mia bimba bellissima, sarò vittima delle paure più dolorose per una madre, sarà preoccupata per il lavoro, sarò preoccupata che le mie ovaie mi facciano scherzi cattivi. Tutto sarebbe possibile.
Non è poi così male aspettare

domenica 8 settembre 2013

Pillole di felicità

Torno a scrivere dopo tanto tempo, perché un appello di Anna mi ha smosso il cuore e la punta delle dita. Anna  ha bisogno di speranza, di storie positive che la aiutino a credere che il lieto fine arriverà anche per lei. Io gliene ho regalate due, della mia famiglia, e scriverle è stato così potente che ho pensato di fissarle anche qui, nel mio desertico blog, per ritrovarle più facilmente quando ne avrò bisogno.

Nella prima la protagonista è una mia zia, avviata verso una serena esistenza da zitella (e uso volutamente questa parola al posto della più neutra single, perché è così che lei si rappresentava a se stessa e al mondo). Alla soglia dei quaranta conosce un uomo, si amano e si sposano. Perdono un bambino nelle prime settimane di gestazione, fanno analisi su analisi e si rassegnano a bastarsi l'uno all'altra. Poi resta incinta naturalmente, e nasce una bimba. La avvertono che è stato un evento raro, che ha riserva ovarica inesistente e infatti non le torna il ciclo. Perché è rimasta di nuovo incinta. Ora ha 48 anni e due figlie piccole. I miracoli sono intorno a noi :-)

La seconda storia è meno lieta di questa, ma per me conta molto perché mi tocca più da vicino e perché nella mia vita è stato sempre il faro per credere che dal dolore può arrivare anche la gioia.
Negli anni '80, ero bambina, mio nonno morì all'improvviso di infarto mentre noi ci trovavamo in vacanza a casa sua. Dolore sgomento e sofferenza. Non dimenticherò mai il pianto di mia madre, a me che ero bambina sembrò che si rovesciasse il mondo più che per la morte del nonno, perché vedevo lei piangere. Per via del funerale rientrò al paese anche un suo cugino pediatra che viveva da tutt'altra parte e non tornava praticamente mai. Fece un giro di visite generali a noi bambine di casa e se ne andò. Tornò il giorno dopo dicendo di non aver chiuso occhio tutta la notte per il pensiero: rivisitò ancora mia sorella di un anno e confermò il suo timore. Una massa nell'addome. Nessun sintomo. Visite, peregrinazioni, ospedali. Tumore operabile e guaribile grazie alla precocità di diagnosi. Mia sorella oggi è adulta sana e forte (e con un bel caratterino, ma non si può avere tutto dalla vita ;-) ). Mio nonno se n'è andato per
un motivo, se ne è andato per lei. Dal dolore sbocciano i fiori, a volte. 

martedì 11 giugno 2013

Dislike

Nei manuali di scrittura si consiglia di cominciare a far pratica parlando di sé, e stilando una lista di cosa piace e non piace. Comincio con cosa non mi piace, che in questo periodo mi viene più facile

L'oroscopo. Soprattutto quello di Brezny sull'Internazionale  che va tanto di moda tra i miei contatti sui social network.Non è che perchè è su un giornale che fa tanto etno-chic l'oroscopo non sia più una puttanata  invenzione priva di ogni base non dico scientifica ma ragionevole. La cosa divertente è che io incarno alla perfezione le caratteristiche attribuite al mio segno zodiacale, ma ditemi voi chi non è permaloso, chi non ama la propria casa e non è (o si ritiene) particolarmente sensibile.

Il piccolo principe  di Antoine de Saint-Exupéry . Che, per carità, come libro per bambini va benissimo. Ma per bambini, appunto, non come una specie di Bibbia poetica. Ogni santissimo giorno me lo trovo citato almeno una volta in uno dei social network di cui sopra. Ce ne sono milioni di libri poetici e profondi, devono citare tutti lo stesso negli stessi punti? Credo - e spero - che sia una moda; quando ero ragazzina ci fu il periodo Il gabbiano Johathan Livingstone, una robetta new age con protagonista uno degli uccelli più cattivi dell'universo, e poi il teribbile sopravvalutato Va' dove ti porta il cuore, che ha funestato la mia adolescenza in un tripudio di citazioni sulla Smemoranda. Il problema è  quale sarà il prossimo libro di moda.

D-Max. Il canale 52 del digitale terrestre. Quello per maschietti, una serie infinita di programmi, di solito americani o australiani, in cui si parla di tatuaggi, di automobili, di salumi di nutria, di automobili, di imprese ardimentose, di automobili, di autoesiliati su un'isola, di automobili, di sport estremi...ho già detto che si parla di automobili? Una concezione piuttosto riduttiva degli uomini, a mio parere. Il problema vero non è tanto che D-Max esista, quanto che sia*sempre* l'ultimo canale in memoria sul mio televisore se c'è mio marito, che ne  è dipendente.

I clacson. Per me sono come scrivere in maiuscolo su internet, come andare al mercato del pesce. Mi innervosiscono istantaneamente. Inutile dire che dove vivo il clacson è un prolungamento della mano.

I SUV. Ed è subito cafonal-chic. Poi la somma utilità di un mammut a quattro ruote in una città piena di strade strette e sosta selvaggia su entrambi i lati della strada.

- In aggiornamento costante e continuo - 

venerdì 24 maggio 2013

Always be grateful

Ho aperto l'ennesimo blog con l'intenzione di scrivere per capirmi, per guardarmi. Ieri sera meditavo un ispirato post su come sta andando la mia vita vissuta rispetto alla vita sognata e pindaricità analoghe.

E poi stamattina una doccia ghiacciata di realtà. Mentre aspetto l'autobus mi arriva una telefonata da parte dell'assistenza per il soccorso stradale della mia macchina. Hanno rilevato un probabile incidente con il localizzatore.

Ho prestato la macchina a mia sorella, so che a quell'ora è in viaggio. Chiamo lei, richiamo il soccorso stradale, chiamo mio padre. Non risponde nessuno.
Per pochi interminabili minuti so solo che mia sorella ha fatto un incidente e basta. Immagino di tutto.

Poi la rassicurazione: la macchina è distrutta  ma lei sta bene, giusto qualche contusione. Viaggiava a bassa velocità quando è stata presa in pieno da un'auto in senso opposto; la cretina donna alla guida sostiene di aver perso il controllo della macchina  starnutendo , il fondo bagnato e la velocità hanno fatto il resto.
Ho l'automobile distrutta e la sorella salva. Vado a letto felice.